Cassazione, Ordinanza n. 13620 del 17.5.2023: “la motivazione dell’avviso di accertamento è improntata alla salvaguardia dei principi costituzionali di ragionevolezza, imparzialità e proporzionalità che governano l’agire amministrativo.  Di conseguenza è carente di motivazione l’accertamento che presenta motivazioni concorrenti, ma discordanti tra di loro, e quindi inidonee a rappresentare il fulcro della pretesa.”

La Cassazione,  con l’ordinanza n. 13620 del 17 maggio 2023, ha affermato che la motivazione dell’avviso di accertamento,  come quella di ogni provvedimento amministrativo, è improntata alla salvaguardia dei principi costituzionali di ragionevolezza, imparzialità e proporzionalità che governano l’agire amministrativo.
Di conseguenza è carente di motivazione l’accertamento che presenta motivazioni concorrenti, ma discordanti tra di loro, e quindi inidonee a rappresentare il fulcro della pretesa.
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La Suprema Corte ha in pratica chiarito che il Fisco non può manifestare una motivazione incoerente, con funzione di riserva,  perché in questo modo, lasciando la pubblica amministrazione arbitro di scegliere nel corso del contenzioso quella che più le convenga, espone la controparte ad una difesa difficile o talvolta impossibile.
In definitiva, stante che la motivazione  è finalizzata a far comprendere il processo decisionale dell’ Autorità, al fine dell’eventuale opposizione,  il contribuente deve avere la certezza degli elementi che costituiscono le ragioni della pretesa.
Il tutto in aderenza ai dettami costituzionali.
                                Avv. Salvatore Torchia 

Cassazione, Ordinanza n. 17251 del 15 giugno 2023: “In caso di rifiuto di ricevere l’atto, la mancata identificazione del rappresentante legale della società,  e in ragione di quanto espressamente attestato nella relata di tutti i soggetti presenti nella sede della società che hanno rifiutato l’atto, impedisce di equiparare il rifiuto all’avvenuta notifica ex art. 138, 2° comma, c.p.c..”

La Cassazione, con l’ordinanza n. 17251 del 15 giugno 2023, ha affermato come  “In caso di rifiuto di ricevere l’atto, la mancata identificazione del rappresentante legale della società,  e in ragione di quanto espressamente attestato nella relata di tutti i soggetti presenti nella sede della società che hanno rifiutato l’atto, impedisce di equiparare il rifiuto all’avvenuta notifica ex art,138 2° comma c.p.c.”
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Si tratta di una motivazione che non solo evidenzia la disciplina sulle notificazioni, ma soprattutto al rapporto di imparzialità della Pubblica amministrazione che è stato impresso nell’art. 97 della Carta costituzionale.
In pratica la Suprema Corte ha redarguito i giudici di secondo grado che avevano equiparato il rifiuto a ricevere l’atto, da parte di soggetti non identificati anche se presenti nella sede della società, con l’atto consegnato a persona rinvenuta nella sede che abbia, pertanto,  ricevuto il plico.
Cosa che la legge, specie nel diritto tributario, non può consentire tenuto conto dei principi di tipicità e specialità specifici per il sistema esattoriale.
Si tratta pertanto di una decisione che prende le distanze da quella adottata dalla allora Commissione Tributaria Regionale la quale, secondo i giudici di legittimità,  non si era attenuta al principio della valutazione certa del soggetto che si era rifiutato di ricevere l’atto, per poi dichiarare valida la cartella esattoriale impugnata dal contribuente.
In sostanza la Commissione regionale, secondo la Cassazione, non avrebbe dovuto affermare che ” è sufficiente che il consegnatario si trovi presso la sede della società, non occasionalmente, e che la persona rinvenuta presso la sede è da presumere che sia addetta alla ricezione degli atti”.
                             Avv. Salvatore Torchia 

Cass. Civ. Sentenza n. 17897 del 22 giugno 2023: “la libertà didattica è un valore costituzionale, ma non può trasformarsi in uno ” schermo ” dietro cui si nascondono sciatteria ed una certa anarchia.”

La Cassazione sezione lavoro,  con la sentenza n. 17897 del 22 giugno 2023, ha fatto diventare definitivo il provvedimento del Ministero dell’Istruzione, col quale era stato disposto il licenziamento di un’insegnante di liceo per ” assoluta e permanente inettitudine alla docenza “. Ha infatti chiarito come la libertà didattica è un valore costituzionale, ma non può trasformarsi in uno ” schermo ” dietro cui si nascondono sciatteria ed una certa anarchia.
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Si tratta,  senza dubbio,  di una decisione che fa riferimento ad un caso limite ma che,  in ogni caso, merita di essere attenzionata perché attiene all’incapacita’ didattica.
Nel caso in specie il provvedimento di destituzione, ex art. 512 del d.lgs n. 297 del 2004, era stato preso perché la docente aveva accumulato assenze per malattia ed inoltre era stata costretta a cambiare varie sedi per seguire il marito militare.
Inoltre aveva pesato il verbale del preside, che fa prova fino a querela di falso, che riportava anche i risultati degli accertamenti compiuti dagli ispettori ministeriali, internuti in seguito alle lamentele di studenti e genitori che accusavano l’insegnante di non avere neppure i libri di testo e di mettere i voti a caso.
Peraltro gli stessi,  dopo l’ispezione durata 5 mesi, si erano resi conto  che l’inettitudine della docente, di storia e geografia,  era permanente oltre che assoluta.
Comunque la Suprema Corte ha colto l’occasione per indirizzare un chiaro monito: la libertà di insegnamento trova il suo più importante limite nella tutela del destinatario, cioè dell’alunno; libertà non fine a sé stessa ma esercitata per garantire il diritto allo studio di ogni allievo.
Pertanto non c’è alcun dubbio che i docenti siano autonomi nella scelta dei metodi ma è escluso che possano fare lezioni non strutturate né organizzate.
                               Avv. Salvatore Torchia

Cassazione Civ. Ord. n. 11724/2023: “dopo la separazione dei coniugi, il genitore collocatario dei minori, non deve informare l’altro prima di affrontare le spese straordinarie per i figli.  Tuttavia, se l’ altro genitore rifiuta di pagare, spetta al giudice del merito verificare se dette spese rispondono all’interesse del minore e commisurarle rispetto a utilità e sostenibilità in rapporto alle condizioni economiche dei genitori.” 

La Cassazione, con l’ordinanza n. 11724 del 4 maggio 2023, ha chiarito che dopo la separazione dei coniugi, il genitore collocatario dei minori, non deve informare l’altro prima di affrontare le spese straordinarie per i figli.
Tuttavia, se l’ altro genitore rifiuta di pagare, spetta al giudice del merito verificare se dette spese rispondono all’interesse del minore e commisurarle rispetto a utilità e sostenibilità in rapporto alle condizioni economiche dei genitori.
La Suprema Corte ha in pratica stabilito che vige il principio di proporzionalità nel quantificare il mantenimento del minore a carico del genitore non collocatario.
 Serve, dunque, una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori, oltre che la considerazione delle esigenze attuali del figlio e del tenore di vita goduto dallo stesso. In ogni caso le spese straordinarie non possono soddisfare le crescenti esigenze dei figli, che aumentano con l’età.  Bisogna semmai adeguare,  in modo proporzionale,  l’assegno di mantenimento.
Il principio vale dopo la separazione personale dei coniugi, ma si applica anche ai figli nati fuori dal matrimonio in forza dell’art. 337 bis c.c.
Il riparto delle spese straordinarie, inoltre, non deve essere fissato nella misura di metà ciascuno fra i genitori separati o divorziati e per i figli nati fuori dal matrimonio.  È, invece, determinato in misura proporzionale al reddito e alle risorse di ognuno,  considerando anche il valore economico dei compiti domestici e di cura del minore, assunti da una o entrambe le parti.
Insomma vale il principio generale in materia di debito solidale.
Avv. Salvatore Torchia 

Grave perdita per il Foro acese, ci ha lasciati l’Avv. Franco Buscemi, acuto giurista e galantuomo

Oggi ci ha lasciati Franco Buscemi.
La notizia ci ha molto rattristati. Non voglio né sono in grado di scriverne l’elogio funebre e, peraltro, sono certo che Egli non lo avrebbe gradito.
Con Franco se ne va un collega per il quale ho immediatamente colto una sensazione di vera amicizia da lui sempre ricambiata, resa ancor più salda dalla collaborazione durata per molti anni. La sua indole signorile, garbata amichevole gioviale attraeva subito e lo rendeva simpatico all’interlocutore che si sentiva a proprio agio, come se lo conoscesse da antica data.
La detta simpatia e cordialità la estrinsecava nei confronti di tutti coloro con i quali entrava in contatto, anche nei confronti di persone semplici e popolari.
Proverbiali erano gli scherzi che lo stesso era solito fare agli amici più vicini e gli aneddoti e barzellette che era solito raccontare con naturalezza ed apparente serietà.
In campo giuridico brillava per l’arguzia e le soluzioni che era solito trovare ed applicare al caso concreto che gli veniva sottoposto; ha collaborato per molti anni anche con studi notarili, apportandovi la sua preparazione e le sue geniali intuizioni.
Un abbraccio ai familiari con i quali condividiamo il loro dolore
Peppino Cirelli