I CORIFEI DEL NUOVO CENTRO: TRA APORIE, VISIONI ERRANTI E STRATEGIE IMPERVIE

Luigi RapisardaC’è da mesi un continuo refrain che sta impegnando due esimi esponenti di quella che fu la
corrente di Donat Cattin: Giorgio Merlo e Ettore Bonalberti.
 Una corrente che fu di altissimo spessore intellettuale e politico: un autentico laboratorio delle idee
che impregnarono, negli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso, le politiche sociali e del lavoro di quella
che fu la stagione degli esecutivi di centro-sinistra durante la lunga era democristiana.
 Il loro teorema volto ad accentuare il mai sopito progetto di ricomposizione della diaspora
democristiana, si pone nell’ottica di un unico obiettivo, ossia. formare una nuova entità politica di
centro capace di bilanciare l’attuale polarizzazione del sistema politico attuale imperniato attorno
alle due coalizioni di destra e di sinistra egemonizzate sempre più da metodi e contenuti che
oscillano tra populismo e demagogie.
 In un ennesimo articolo di Giorgio Merlo, attuale coordinatore della formazione politica “Noi di
centro” di Clemente Mastella, su il Domani d’Italia del 3 giugno scorso, leggiamo:
“Il cantiere del Centro è ormai decollato e ognuno piazza la sua tenda. Come da copione..
 Certo, non sarà una Dc bonsai o una banale replica delle esperienze politiche del passato. Ma è
indubbio che questo nuovo soggetto politico – che sarà una sorta di federazione e culturalmente
plurale – non potrà non assomigliare, nel metodo e nel comportamento concreto, a quello che è
stata per decenni la Democrazia Cristiana..”
Abbiamo letto bene?
Si! Egli propone una federazione che assomigli alla Dc, ma in una composizione eterogenea di
matrici culturali che abbiano in comune la vocazione riformista
Quindi come dire una sorta di nuova “Margherita”,cosa che del resto lo stesso Merlo, più di una
volta ha evocato.
Come a dire, far stare nello stesso organismo politico federato, Grassi, Tarolli, Zamagni, Infante,
Renzi, Cesa, Bonino, Calenda, Mastella, Rotondi, Lupi, Toti, Brugnaro, spezzoni di Forza Italia e
tanti altri cespugli, effetto della transumanza parlamentare di questa legislatura.
Insomma esponenti di matrice liberale,socialista,cattolico-democratici e radicali.
Tutti insieme!
E ci chiediamo, come?
Ci vuole davvero una fantasia alla Pirandello perché si possa pensare ad un organismo
politico in cui si possano intersecare virtuosamente ambizioni personali e modelli culturali
di leader politici, diversamente orientati, sui grandi temi della vita, del lavoro, dell’ambiente,
dell’assetto costituzionale, soprattutto con riferimento, in particolare alla centralità del Parlamento
(cardine della nostra forma di governo,già messo a dura prova dal frequente ricorso alle
decretazioni d’urgenza, facile gioco,che, anche attraverso lo strumento dei maxi emendamenti,
aggira facilmente il confronto parlamentare, con il ricorso al voto di fiducia), al solidarismo, che
richiede un forte ribilanciamento delle nostre politiche sociali, alla politica estera, che oggi sconta
una poca autorevolezza nei quadranti internazionali:basti vedere la figura che abbiamo fatto con il
piano di pace presentato dal nostro ministro degli esteri, non concordato con le altre cancellerie, e
neanche sembra all’interno dello stesso esecutivo, dileggiato dall'establishment russo e respinto

fermamente dalla stesso governo ucraino.
E se è condivisibile quanto Merlo afferma, ossia il “continuare a richiamarsi a quel patrimonio
culturale, valoriale, politico e programmatico che ci fa oggettivamente ricordare il ruolo, la mission
e la funzione che storicamente ha avuto la Dc” è il successivo passaggio:” senza replicare quella
esperienza politica ed organizzativa..” che non può essere condiviso perché esprimerebbe un
partito senza anima, rivolto al nuovo senza avere la spinta vitale che solo la continuità può
imprimergli nel confronto con altri modelli culturali, con il rischio concreto che il facile
gioco delle alleanze può far sbiadire, se non addirittura trasfigurare, quel patrimonio
iniziale,irrimediabilmente.
Ovviamente non si tratta di scimmiottare i partiti del passato, ma se si vuole seriamente
“recuperare quell’immenso patrimonio e le ragioni politiche e culturali in grado di ridare serietà,
autorevolezza e qualità alla politica contemporanea” come Egli afferma, allora non si può
prescindere da una ripartenza identitaria del partito e del suo riproporsi coraggiosamente con i
propri progetti e le proprie proposte nella dialettica politico-istituzionale.
Ed anche la sua visione di un “nuovo e futuro Centro” che Egli dice “non è più la Dc ma
assomiglierà alla Dc.” non ci trova d’accordo.
Una prospettiva assai riduttiva quella del frequente ricorso a queste categorie spaziali, sempre più
in voga, che però oggi non sono più in grado di renderci tutta quella realtà dialettica che si agita
dentro i partiti.
Racchiudere a mio avviso le potenzialità di prospettiva entro questi argini, diviene oggi
un’operazione ermeneutica del fare politica non esauriente allorquando, come nel nostro caso, ci si
richiama ai valori dell’Umanesimo solidale e della pace come punti fondanti di una nuova realtà
aggregativa nelle comunità e nei rapporti tra i popoli.
Segno evidente che ci vuole un nuovo sestante che orienti con nuove coordinate il sistema
politico.
 Insomma, davvero possiamo cogliere a iosa le tante contraddizioni di questa proposta.
 Dove si incrociano antinomie talmente evidenti che vien da chiedersi se l’autore sia davvero
convinto di quello che dice o se non sia un buttare un classico sasso nello stagno per sondare
ancora una volta umori e percezioni.
 Delineare un nuovo soggetto politico nella forma di una federazione culturalmente plurale significa
assicurargli vita breve e pregiudicare ogni possibile riproposizione di quella valorosa esperienza
democristiana.
 Questo modo di argomentare annaspa in un mare di aporie senza soluzione, non avendo trovato
fino ad oggi, se non una effimera e caduca rappresentazione, in tutte le provate sperimentazioni,
anche in altre aree politiche.
 A Merlo fa eco Ettore Bonalberti, vice segretario della DC, con un articolo del 4 giugno su Il
domani d’Italia:
“ Ha ragione Merlo, alla fine, sono molto poche le residue “casematte” della diaspora democratico
cristiana. A parte quella, come l’Udc, impegnata nella difesa della rendita di posizione di un
simbolo, lo scudo crociato, sin qui utilizzato solo per la sopravvivenza politica a destra dei soliti
noti, io credo che tutte le altre esperienze, come quella di Insieme di Infante-Tarolli, della Dc di

Grassi e Cuffaro, del Centro di Mastella e dello stesso Merlo, e con esse, anche l’esperienza
avviata da Rotondi dei Verdi Popolari, possono e debbono compiere il salto di qualità per la
ricomposizione politica dell’area. Se per motivi diversi non cogliessero tale necessità, mi auguro
che il processo avviato dalla base (bottom up) per la convocazione di un’assemblea costituente
per detta ricomposizione, potrebbe favorire il progetto.”.
Il ragionamento che ripete, ancora una volta, i contorni di un progetto che già in prima
applicazione, come “federazione dei democristiani e popolari” coordinata da G.Gargani, ha fatto
registrare una totale défaillance, si dipana insistentemente su una linea che riflette una visione
categoriale tardo-antica di schemi identitari di classi sociali, oggi non più applicabili.
 Qui, ancora una volta, ribadiamo che il problema non è la ricomposizione di una forza di centro.
 Ma la riproposizione di una entità politica, la DC, il cui cuore non ha mai smesso di pulsare, che,
riprendendo quei valori e quella prassi che Merlo ben descrive, consentirono un processo di
sviluppo che coinvolse tutti i ceti sociali.
 Quello sviluppo inizialmente armonico, governato successivamente da esecutivi, dai delicati
compromessi programmatici, finì per dare la stura ad assestamenti territoriali e stratificazioni
sociali assai diseguali con forti divari nella qualità della vita, da nord a sud.
Un quadro economico e sociale oggi totalmente destrutturato perchè messo ulteriormente in
ginocchio da una lunga crisi del decennio passato, da due anni di covid e, ora, dai riflessi assai
impattanti di una guerra che abbiamo alle porte dell’Europa,che richiede, come ultima spiaggia,
risposte plausibili,efficaci e tempestive, se non si vuole dare il colpo di grazia al sistema produttivo
del nostro paese, fortemente dipendente dal gas e petrolio estero, oltre che da gran parte di beni
semilavorati e di componentistica.
 Insomma non di una caratterizzazione di schemi spaziali abbiamo bisogno, ma di un calarsi in
modo aggiornato e aderente a questa realtà sociale ed economica.
E ben ammoniva Luigi Sturzo, in uno dei suoi lavori di ricerca sociologica, a non intraprendere
iniziative politiche o proporre soluzioni senza aver prima analizzato a fondo la società su cui
dobbiamo operare.
Oggi le tante risposte che appaiono plausibili nel modellare politiche pubbliche volte a riequilibrare
meccanismi di ridistribuzione della ricchezza per mitigare gli enormi divari tra i ceti sociali, in un
quadro di piu diffusa partecipazione al benessere comune, soverchiano e bypassano etichette
d’altri tempi.
Come possiamo progettare imprese che appaiono titaniche nel fronteggiare il crescente
dissesto climatico; l’urgente transizione tecnologica; la rivoluzione copernicana che si richiede in
tema di lavoro, con l’avvento del digitale e del lavoro a distanza; l'emorragia di giovani talenti che
sono costretti a trovare riconoscimento e opportunità all’estero; l’impoverimento di interi ceti sociali,
scivolati nella soglia della povertà di sistema, perché a quarant’anni già fuori dal circuito del lavoro,
per la rapida obsolescenza delle competenze, o perché la rimessa in piedi del sistema produttivo
richiede decisioni impopolari e profonde per riequilibrare i profondi divari socio-economici che si
sono consolidati in questi ultimi anni, se non si procede a trasformazioni epocali del nostro
modello economico e sociale?
 C’è insomma da non nascondersi dietro infingimenti nominalistici e spaziali ma di avere un partito

che acquisti forza e affidabilità nella coesione delle varie realtà di area attorno ad una identità che
non può assumere altre sembianze, perché sarebbe in contraddizione con se stesso, mentre ci si
appresta a rinverdire le radici di quel florilegio di valori che caratterizzarono l’esperienza della Dc in
una rinnovata visione di paese e di relazione tra i popoli che assicuri la espunzione delle economie
predatorie e, al contempo, governi volti al bene comune in una virtuosa compatibilità tra funzione
sociale ed economia di mercato.
 Una sfida che è ancora più impegnativa per il nostro sistema infrastrutturale pubblico, così come
lo è per la produzione industriale, artigianale e della commercializzazione, e per i settori
professionali, tanto che non appare ultroneo pensare ad una nuova stagione di politiche
Keynesiane, molto incisive.
 Solo un rinnovato modello macroeconomico, ancorato sulle grandi intuizioni dell’economista di
Cambridge, ossia un robusto new deal economico, potrà aiutarci a superare l’enorme crisi
strutturale di sistema.
Operazione che difficilmente potrebbe incastonarsi in una mera connotazione centrista.
Categorie che in particolare dagli anni ‘70 del secolo scorso furono oggetto da parte di Norberto
Bobbio, Augusto Del Noce e George Grunberg, di un intenso confronto dialettico.
Entrambi concordi nel riconoscere – nella peculiarità italiana di una destra che aveva raccolto
sostanzialmente l’eredità ideale del fascismo e di una sinistra che tardava a svincolarsi dai legami
dottrinali con Mosca – che il valore del centro, nel sistema politico italiano del dopoguerra, era
destinata a perdere quella precipua connotazione di presidio delle libertà e dei valori universalistici
assunto dalla Democrazia Cristiana, una volta che destra e sinistra avessero accettato in pieno,
l’economia di mercato, abbandonato ogni specifico richiamo di classe e la convinta adesione al
sistema di democrazia rappresentativa, con l’effetto di spostare il focus volta per volta,
principalmente, sulle aspettative di questo o di quel ceto sociale.
Previsioni che in questi anni hanno trovato il loro terreno di verifica e di smentita nel modo
altalenante con cui forze di destra e di sinistra hanno cercato di rendersi interpreti, sia pure
nell’ambito di grosse contraddizioni, senza però concorrere a risolvere minimamente le cause dello
scivolamento di ceti sociali privilegiati verso sacche sempre più ampie di povertà, mentre la classe
operaia è stata lasciata alla sola cura delle forze sindacali.
Non ci voleva molto allora, in una cornice così disomogenea nella quale alla dismissione delle
originarie identità ideologiche si facevano spazio venature populiste e radicalismi anti sistema, che
quelle tante misure, spesso sull’onda di campagne emozionali, non facessero che acuire le
difficoltà diffuse.
E non poco ha contribuito il modo scoordinato, e spesso destrutturante di precedenti
provvedimenti, con cui si è operato,senza una visione lungimirante, organicamente orientata ad
una più equa distribuzione delle risorse primarie.
 In questo quadro non appare velleitario, in sintonia con il magistero papale, affermare che il paese
ed il mondo hanno bisogno di un nuovo Umanesimo solidale,( qualcuno si spinge addirittura fino
ad una declinazione integrale)con tutte le implicazioni che questo comporta, in termini di politiche
popolari e capaci di spingere il sistema produttivo verso una più bilanciata perequazione dei salari,
con la previsione di misure fiscali che mitighino il drenaggio, spostando il maggior peso delle

imposte sulle grandi concentrazioni di capitali, che spesso trovano schermo dietro paradisi fiscali,
e sulle rendite finanziarie delle grandi holding, incentivando le reti di produzione su scala interna.
Al contempo va perseguito l’obiettivo di controbilanciare fortemente la competitività del prodotto
interno, anche con forti politiche di sostegno dell’occupazione, rispetto alle insidie della
globalizzazione, che tanto ci ha ammaliato in questi anni, al punto di consegnarci, mani e piedi,
alla colonizzazione energetica e commerciale, quasi per intero.
 Che senso ha allora continuare ad insistere su una prospettiva di ricomposizione, che sa
davvero di mera operazione di vertice, senza popolo, che simili processi fanno venire in
mente, senza uno sperimentato radicamento nel territorio, sebbene entro un quadro di
valori, di ideali e di metodi che furono il motore della della DC, appare essere operazione
assai avventurosa.
Disponiamoci invece a sostenere e valorizzare tutti gli sforzi che valorosi dirigenti stanno
facendo per il ritorno in campo del partito, anche sulla scorta di primi segnali assai
incoraggianti, nelle elezioni amministrative di ottobre scorso in Sicilia e altrove e speriamo
possano avere riscontro anche nei Comuni impegnati nella consultazione di questa
domenica.
Quel primo impatto con i territori ci ha fatto ritrovare quella parte di elettorato che da
tempo disertava le urne.
Insomma mi auguro che le rispettose cogitazioni di questi amici non indulgano ancora in questa
sorta di autolesionismo di cui non abbiamo bisogno se davvero si ha in animo di accreditare una
posizione identitaria rinnovata del partito.
 Quello che invece conta è l’aderenza ad una realtà totalmente modificata, nelle istanze, nei
bisogni e nei progetti di futuro che oggi attanaglia e condiziona le aspettative personali fino a
comprimere molte delle potenzialità innovative e di intrapresa di cui sono capaci i nostri giovani,
quando vanno all’estero.
 Insomma sarebbe irresponsabile continuare a rispondere a questo caleidoscopio di problematiche
si con metodi e modalità sempre più incentrati a soluzioni parziali, privi di progetti lungimiranti e
senza una visione di paese volta ad una proiezione ultra-generazionale.
 Una incapacità strutturale che, in una deriva inarrestabile, ha fatto scivolare,in il nostro sistema
politico, in una inconcludenza permanente.
In questo quadro persino questo governo, che sulla carta sembrava essere la “migliore” soluzione
per risolvere gli annosi problemi strutturali del nostro paese, appare innaturale, ingabbiato come è
tra spinte e controspinte da parte di forze politiche mosse sempre più apertamente da disegni
opposti.
  Mentre ci attanaglia l’amara constatazione che anche l’ultimo treno sta per ripartire senza essere
in grado di portare grandi risultati alle nostre Istituzioni europee.
Così rischiando di pregiudicare l'affidamento e la fiducia che ci avevano riconosciuto in seno al
Recovery fund, con un plafond di prima grandezza, dietro l’impegno di riscrivere, senza furbizie,
quelle essenziali regole in grado di diradare i tanti intralci burocratici e operare incisivamente
semplificazioni di procedure – nel rispetto delle garanzie di tutela dei diritti fondamentali – oltre ad
una poderosa manutenzione delle nostre infrastrutture.

 Così non possiamo non chiederci se davvero sia possibile dare risposte minimamente
efficaci all’intero arco di istanze sociali e del mondo produttivo, che recessione e stag-
inflazione stanno incardinando, senza quel patrimonio di valori e di idee e quella
lungimiranza progettuale, che fu della Democrazia Cristiana.
 E mentre aumenta, da parte di tanti commentatori politici, lo scetticismo sul pieno rispetto e
puntuale adempimento degli impegni e sulla buona riuscita delle riforme strutturali ed
ordinamentali nei diversi comparti dei pubblici servizi, assunti con il Pnrr, il paese va alla deriva tra
incapienze economico- finanziarie, povertà crescente, sfaldamento della famiglia, sfilacciamento
della coesione sociale e un nichilismo, sempre più preoccupante tra i giovani, senza futuro, cui
non poco hanno concorso misure sociali di demotivazione al lavoro, con la messa in campo di
politiche di mero assistenzialismo parassita e improduttivo, oltre alle tante derive propagandistiche
– da ultimo i pacifisti della domenica – per ammaliare fette di elettorato sempre più insoddisfatto e
disorientato.
  Fa perciò un certo effetto leggere pertanto da un alto esponente del partito, vice segretario
nazionale, affermazioni così stupefacenti:
 “In previsione delle prossime elezioni nazionali, credo, invece, che il nostro dovere prioritario sia
proprio quello di impegnarci, ognuno per la sua parte e nell’ambito politico organizzativo in cui si
ritrova, per favorire quel soggetto politico nuovo che se non sarà la Dc, dovrà essere “qualcosa
che ne costituisca la ripresa in termini di valori e di contenuti”.
 Se è proprio vero che talvolta i paralleli nella Storia hanno qualche attinenza, non ci sembra di
esagerare se diciamo che con queste tesi, a differenza di Nerone, questi esimi esponenti di partito,
si dispongono ad “incendiare” la propria cittadella politica senza aver nemmeno chiari i contorni di
quella nuova che potrà prendere il suo posto.
10.06.2022
Luigi Rapisarda

Cassazione Civ., Ordinanza del 28 aprile 2022 n. 13332: “l’amministrazione comunale può sempre esercitare il potere di autotutela sostitutiva, annullando un atto illegittimo e sostituendolo con un altro privo dei vizi originari , purché non sia stata emanata sentenza divenuta definitiva o non sia decorso il termine di decadenza per l’attività di accertamento e riscossione.”

Per la Suprema Corte il potere di autotutela, cosiddetta sostitutiva, in forza del quale l’amministrazione può annullare l’atto illegittimo e sostituirlo con un altro di contenuto sostanzialmente identico, ma privo dei vizi originari, può essere esercitato in qualsiasi momento, anche durante il giudizio d’impugnazione proposto contro detto atto, trovando il suo fondamento nel cosiddetto principio di perennità della potestà amministrativa che, tuttavia, incontra i limiti del giudicato sul merito dell’impugnazione dell’atto, oltre che del decorso del termine di decadenza per l’attività di accertamento o riscossione e del diritto di difesa del contribuente.
In sostanza, l’amministrazione può annullare d’ufficio, in tutto o in parte, un avviso di accertamento o un atto di riscossione. Per l’esercizio del potere di autotutela non è richiesta alcuna istanza del contribuente ed il potere non viene meno se la controversia pende innazi al giudice, né se sia intervenuta una pronuncia, né se l’atto sia divenuto definitivo per mancata impugnazione.
Solo il giudicato sostanziale, cioè a dire la sentenza non più impugnabile con i mezzi ordinari che non abbia pronunciato solo su questioni di rito, impedisce l’emanazione del provvedimento di riesame.

Avv. Salvatore Torchia

Scarica l’Ordinanza in formato pdf: Cass. Civ. Ordinanza n. 13332 del 2022

Giudice di Pace di Acireale – Date ed Orari delle udienze Penali del mese di giugno 2022 per numero di ruolo generale.

Al fine di contribuire alla massima diffusione delle notizie e delle comunicazioni afferenti l’Ufficio del Giudice di Pace di Acireale, sopratutto in conseguenza delle misure anti covid-19 adottate dal medesimo, che prevedono la chiamata ad orario prefissato di ogni singolo procedimento, l’Associazione Forense Acese, continuando nel rapporto di fattiva collaborazione con la relativa cancelleria, pubblica qui sul proprio sito gli orari in cui verranno chiamati i procedimenti penali del mese di giugno 2022.

Detti orari saranno visionabili sul seguente file evidenziato in grassetto, in formato .pdf, scaricabile cliccandovi sopra.

Ovviamente, i riferimenti sono soltanto al numero del procedimento, nel rigoroso rispetto della privacy.

dott.ssa Patané udienza penale del 14.6.2022

Il Vicepresidente A.F.A.
Mario Tornatore

Il Convegno a Bruxelles sul Disarmo nucleare promosso dal Comitato per una Civiltà dell’Amore e l’Appello all’Ue perché sia promotrice di una Conferenza per il Disarmo e la conversione nucleare.

Luigi RapisardaSi è svolto, ieri, 31 maggio, a Bruxelles, presso la International Trade Union House, il Convegno internazionale sul Disarmo nucleare: “Opportunities for Peace and Work for Europe and the World”,
promosso dal comitato per una Civiltà dell’Amore.
Dopo l’introduzione di Carlo De Masi – Presidente Adiconsum CISL – President “Atoms for Peace”
e di S.E. Mons. Domenico Sorrentino – Bishop of Assisi,
l’Ing.Giuseppe Rotunno, nel presentare l’importante assise, ha tra l’altro affermato:
“ L’Europa si sta avviando verso un bivio decisivo per il suo futuro e per quello di tutta l’Umanità: un’insicurezza crescente fino all’apocalisse nucleare, oppure un futuro di Pace e di Lavoro per tutti, possibilmente anche migliore di come abbiamo vissuto per oltre 70 anni.
Noi cristiani con tutta la Società Civile dobbiamo impegnarci perché si imbocchi decisamente questa seconda strada, per evitare che la pace si basi sulla minaccia delle armi nucleari e di ritrovarci nuovamente davanti a questo bivio nel prossimo futuro.
Riteniamo pertanto fondamentale che l’Unione Europea si faccia promotrice di una Conferenza di Pace con l’istituzione di un Tavolo permanente di Dialogo per il Disarmo, innanzitutto atomico, con la partecipazione piena dei Paesi in Via di Sviluppo, per prevenire l’escalation nucleare e indurre tutte le Nazioni al disarmo e alla conversione delle armi nucleari in progetti di Pace, riprendendo così il successo del Piano USA-Russia “Megatons to Megawatts” che ha convertito 20.000 atomiche in energia di Pace.
Attraverso il Tavolo, che consentirebbe un costante dialogo diplomatico, si facilita l’attuazione del Trattato di Non Proliferazione Nucleare (in particolare dell’Articolo VI sull’impegno al disarmo nucleare) e del Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari.
La proposta si inserisce perfettamente nel quadro di un negoziato internazionale auspicato sia dai Leader delle cinque Potenze nucleari nel Joint Statement del 3 gennaio u.s., sia nella Risoluzione del Consiglio d’Europa del 15 novembre 2021.
Poiché la nostra Europa ha un’anima cristiana di libertà, di uguaglianza e di fraternità, vissuta in spirito interreligioso nel nostro mondo ormai globale, proponiamo che sia Assisi, Città di Pace e del Patrono dell’Ecologia integrale, la sede propizia che potrebbe ospitare e sostenere la Conferenza di Pace.”
Indi, dopo aver rivolto un “Message from the Holy See The European Civil Society Proposal: Disarmament, Nuclear Conversion and Work”,
e la lettura del Messaggio della Presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, da parte dell’On.Simona Baldassarre, member of ENVI e FEMM,
hanno preso la parola i rappresentanti di diversi organismi del settore energetico e della politica.
Sono intervenuti:
Massimo Sepielli – Energy Expert and Director of Comitato per una Civiltà dell’Amore The Catholic Church and Nuclear Disarmament
Marek Misak – Commissio Episcopatuum Communitatis Europaeae COMECE
How Politicians receive the Catholic position.
On. Brando Benifei MEP – S&D European Parliament;
On. Antonio Maria Rinaldi – Member of Commission AFCO
The Contribution of the Civil Society (Petition Signatories)
Marco D’Agostini – Representative NGO with POOR COUNTRIES;
Riccardo Ramadori – Representative UNIPAX-UNITED PEACERS;
Pier Virgilio Dastoli – President MOVIMENTO EUROPEO – ITALIA
Don Claudio Visconti – Italian Community in Bruxelles;
Luigi Rapisarda – Christians in Politics Rome Business Membership
Umberto Minopoli – Presidente ASSOCIAZIONE ITALIANA NUCLEARE.
Ciascuno dei partecipanti intervenuti, oltre ad esprimere la piena condivisione dell’iniziativa con cui si riporta in prime cure l’attenzione e l’impegno ad una immediata ripresa dell’agenda per il tavolo diplomatico per il Disarmo nucleare, in una prospettiva di dismissione globale delle testate atomiche e la riconversione ad usi civili, hanno rivolto il loro focus sulla sperimentata capacità delle metodologie che oggi consentono una facile conversione della materia nucleare a fini di pace nei diversi settori della produzione di energia e nella medicina, e sui tanti vantaggi che, non da ultimo, consentirebbe di attenuare fortemente il divario, non solo energetico, tra paesi ricchi e paesi poveri.
Nel concludere l’interessante convegno il presidente Ing. G. Rotunno ha letto l’Appello che Civiltà dell’Amore, unitamente alle tante associazioni della società civile, rivolgono all’Ue:

“Appello all’Unione europea e ai suoi Stati membri
per il Disarmo e la Conversione Nucleare

Le sottoscritte organizzazioni della Società Civile,
condividendo gli obiettivi del Convegno organizzato dal Comitato per una Civiltà dell’Amore a Bruxelles il 31 maggio 2022, presso la International Trade Union House, su “Il Disarmo Nucleare: opportunità di Pace e di Lavoro per l’Europa e per il Mondo”;

Visto il Trattato di non Proliferazione Nucleare (NPT) entrato in vigore nel 1970;

Preso atto che nella Conferenza di Revisione del Trattato NPT tenuta nel 1995 gli Stati parti del Trattato hanno concordato la sua proroga indefinita e hanno deciso che le Conferenze di Revisione dovrebbero continuare a tenersi ogni cinque anni;

Ricordando il successo del Programma Megatons to Megawatts, completato nel dicembre 2013, l’Accordo tra la Federazione Russa e gli Stati Uniti d’America sulla disposizione dell’uranio altamente arricchito estratto dalle armi nucleari, datato 18 febbraio 1993, a seguito del quale sono state convertite in energia di Pace 20.000 testate nucleari;

Rilevando le preoccupazioni espresse nelle Conferenze di Revisione del NPT circa i ritardi nei progressi verso il disarmo nucleare, ivi incluso il documento presentato nella Conferenza di Revisione del 2005 dal Ministro degli esteri della Malaysia a nome del Gruppo degli Stati Non Allineati;

Evidenziando con preoccupazione che nella Conferenza di revisione del Trattato che si è conclusa il 21 maggio 2015 gli Stati Parti non sono riusciti a raggiungere un consenso sull’adozione di un Documento Finale;

Rilevando che la Decima Conferenza di Riesame del Trattato NPT, rinviata nel 2020 per via della concomitante pandemia Covid, avrà luogo dal 1° al 27 agosto 2022;

Preso altresì atto che, sulla base delle preoccupazioni per la lentezza del processo di disarmo nucleare e del continuo ricorso alle armi nucleari nei concetti, nelle dottrine e nelle politiche militari e di sicurezza, nel luglio 2017 è stato adottato il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW), che è stato successivamente aperto alla firma il 20 settembre 2017 ed entrata in vigore il 22 gennaio 2021, ma che attualmente non vi partecipa nessuna delle potenze dotate di armi nucleari né la maggior parte dei Paesi industrializzati;

Rilevando che il 21 giugno 2022 inizieranno i lavori della Conferenza sui seguiti del Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW);

Esprimendo apprezzamento per le Conclusioni del Consiglio dell’Unione europea del 15 novembre 2021 nella quali si ribadisce l’inequivocabile sostegno dell’UE al TNP come pietra angolare del regime globale di non proliferazione nucleare, fondamento essenziale per il perseguimento del disarmo nucleare ai sensi dell’articolo VI del TNP;

Riscontrando con soddisfazione che le 5 potenze Nucleari del Consiglio di Sicurezza hanno sottoscritto, il 3 gennaio 2022, poco prima del precipitare della crisi in Ucraina, un documento secondo il quale il disarmo nucleare va perseguito nell’ordinamento del Trattato NPT;

Sottolineando l’esigenza di salvaguardare, da un lato, gli impegni assunti dalle Potenze dotate di armi nucleari e dagli altri Stati Parti nell’ambito del Trattato NPT e di individuare, dall’altro, delle forme di dialogo e di raccordo tra gli obiettivi del Trattato NPT e quelli del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW), affinché non sia indebolita reciprocamente l’azione di tali Strumenti, i quali costituiscono il principale presidio mondiale rispetto al rischio di un’apocalisse nucleare;

Rilevando pertanto l’esigenza di un’iniziativa dell’Unione europea per garantire la Pace nucleare nel mondo e impedire la vanificazione degli obiettivi dei due citati trattati NPT e TPNW, data anche la moltiplicazione dei Paesi che si stanno dotando di armi nucleari, oltre ai cinque Stati membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite;

Sottolineando il ruolo della Società Civile – nel rispetto del principio della sussidiarietà orizzontale, che tanto ha operato per una reale democrazia in tanti Paesi – per la costruzione di una Pace duratura, consapevoli dello stretto legame tra disarmo nucleare, controllo della proliferazione degli armamenti e la creazione di condizioni di Sviluppo sostenibile e di Vita dignitosa per tutti i Paesi del Mondo.

Consapevoli che “se vogliamo costruire la Pace dobbiamo indicare concreti percorsi di Pace”,

INVITANO L’UNIONE EUROPEA E I SUOI STATI MEMBRI,
A FARSI PROMOTORI:
a) della proposta di indire una Conferenza internazionale per il Disarmo Nucleare, volta a istituire un Tavolo di lavoro permanente sul Disarmo Nucleare, nella consapevolezza dell’assoluta esigenza di evitare il rischio di un fallimento dei due Trattati del TPNW e del NPT, tenuto conto della prospettiva dell’imminente ripresa dei negoziati nel loro ambito, rispettivamente, a giugno e ad agosto, al fine di evitare che si riproponga l’impasse registrata nei precedenti negoziati;
b) Alla Conferenza dovrebbero partecipare sia gli Stati membri dei suddetti Trattati sia, possibilmente, gli Stati che non ne sono parte (in particolare per il NPT, l’India, Pakistan, Israele e Corea del Nord), con particolare attenzione ai Paesi in via di sviluppo;
c) Tale Tavolo dovrebbe essere facilitatore della “costruzione” delle decisioni da prendere nell’ambito delle Conferenze di attuazione dei due Trattati delle Nazioni Unite citati, il TPNW e il NPT, valorizzandone gli elementi di raccordo e sviluppandone le necessarie sinergie;
d) Il Tavolo, una volta istituito, potrebbe articolarsi in sottogruppi di lavoro specializzati su concrete iniziative di disarmo nucleare, per area geografica e/o tipologia di armamenti nucleari, nonché volti a prendere in considerazione anche gli aspetti sociali ed economici correlati al tema, ivi incluso l’utilizzo dei proventi derivanti dal disarmo per la lotta alla fame e al divario di sviluppo e il ruolo della società civile.
e) Poiché la nostra Europa ha un’anima cristiana di libertà, di uguaglianza e di fraternità, vissuta in spirito interreligioso nel nostro mondo ormai globalizzato, le suddette organizzazioni della Società Civile propongono che la citata Conferenza internazionale per il Disarmo Nucleare si tenga ad Assisi, Città di Pace e del Patrono dell’Ecologia integrale, San Francesco”.

1.06.2022
Luigi Rapisarda