Evento formativo coorganizzato dall’A.F.A., dall’A.G.A. e dell’A.F.M. previsto per il 17 maggio, con la collaborazione di BMItalia, dal titolo: “Il condominio nel diritto vivente, focus giurisprudenziale”

Evento formativo coorganizzato dall’A.F.A., dall’A.G.A. e dell’A.F.M. previsto per il 16 maggio, con la collaborazione della BMItalia, dal titolo: “Il regime comune delle locazioni nelle parti comuni dell’edificio, recupero dei crediti e debiti del condominio, e disciplina dei regolamenti di condominio”

Cassazione, Ordinanza n. 8784/2024: “la domanda di definizione agevolata delle liti pendenti, pur non comportando l’estinzione del giudizio se non perfezionata con la prova del pagamento integrale delle rate previste,  comporta comunque l’inammissibilità del ricorso per effetto del venir meno dell’interesse ad agire del ricorrente.” 

La Cassazione, con ordinanza n. 8784 del 3 aprile 2024, ha stabilito che la domanda di definizione agevolata delle liti pendenti, pur non comportando l’estinzione del giudizio se non perfezionata con la prova del pagamento integrale delle rate previste,  comporta comunque l’inammissibilità del ricorso per effetto del venir meno dell’interesse ad agire del ricorrente.
————————————————————
La Suprema Corte , con questa decisione,  ha chiarito come  non possa essere accolta l’istanza di estinzione del giudizio in quanto, nel caso in specie,  non era stato provato l’integrale pagamento delle rate dovute con esplicita rinuncia al contenzioso.
In ogni caso aggiungeva che la sola presentazione della domanda della cosiddetta rottamazione, rilevava che era sostanzialmente venuto meno l’interesse ex art. 100 c.p.c. in capo alla parte ricorrente.
Questa, infatti, aderendo alla definizione agevolata, aveva comunque assunto l’impegno a rinunziare al giudizio pendente . Di conseguenza questo comportamento giustificava la pronuncia di inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse ad agire.
                   
Avv. Salvatore Torchia 

Cassazione Sentenze n. 2115, n. 2120 e n. 2133 del 22 gennaio 2024: “alla sentenza penale di assoluzione, ma anche di condanna, non può essere riconosciuta alcuna automatica autorità di cosa giudicata, nemmeno se i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi su cui si fonda l’accertamento tributario”

Con tre sentenze cosiddette gemelle n. 2115, n. 2120 e n. 2133 del 22 gennaio 2024, la Cassazione, facendo il punto sul complicato rapporto tra processo tributario e processo penale, ha affermato il principio secondo cui alla sentenza penale di assoluzione, ma anche di condanna, non può essere riconosciuta alcuna automatica autorità di cosa giudicata, nemmeno se i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi su cui si fonda l’accertamento tributario.
——————————————————–
La Suprema Corte, ribaltando la tesi delle Commissioni di merito,  ha sottolineato , con forza, l’impossibilità di utilizzare, automaticamente e acriticamente, le risultanze del giudizio penale per la soluzione della controversia tributaria.
Ha affermato infatti che il giudice adito, in particolare,  è tenuto a procedere all’apprezzamento della sentenza penale, ponendola però a confronto con gli altri elementi di prova acquisiti nel processo.
Questa linea di condotta vale, ovviamente, sia in caso di assoluzione che di condanna in sede penale. Se, ad esempio, la condanna penale  deriva da fonti di prova non utilizzabili nel giudizio penale, ne discende che i due giudizi potrebbero divergere nell’esito.
È comunque il caso di evidenziare che questo principio sarà valido fino a quando non sarà attuata la riforma fiscale.
Infatti la delega, contenuta nella legge n. 111 del 2023, si occuperà anche di coordinare il sistema penale a quello tributario.  In particolare si cercherà di scongiurare la possibilità che si possa essere condannati due volte per lo stesso fatto.
In buona sostanza il legislatore si è fatto carico di ridurre le ipotesi in cui il giudizio tributario e quello penale non vanno d’accordo.
Di conseguenza ogni qual volta che la sentenza penale avrà stabilito l’innocenza del contribuente, perché non ha commesso quel fatto,tale provvedimento,  senza alcuna possibilità di intervento del giudice tributario,  dovrà automaticamente far decadere il giudizio.
  Avv. Salvatore Torchia