Cassazione, Ordinanza n. 18424/2024: “non è ammessa la sanatoria della notifica inesistente di un atto processuale, affetta da una gravissima irregolarità, anche se la controparte si costituisce in giudizio.” 

La Cassazione,  con l’ordinanza n. 18424 del 5 luglio 2024, ha stabilito che non è ammessa la sanatoria della notifica inesistente di un atto processuale, affetta da una gravissima irregolarità, anche se la controparte si costituisce in giudizio.
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Questa decisione, anche se si riferisce alla notifica di un ricorso, tramite Pec, nel momento in cui non era ancora operativo il processo telematico tributario, può applicarsi a tutti i casi di notifica inesistente e quindi insanabile anche se la controparte si costituisce.
In effetti, in passato,  la Cassazione è stata un po’ ondivaga, perché ha ritenuto sanabile, per raggiungimento dello scopo, sia le notiche nulle sia quelle inesistenti.
E la stessa regola si è applicata alla notifica degli atti amministrativi.
Tuttavia, quest’ultima interpretazione,  è in linea con quanto stabilito dal legislatore con la recente riforma fiscale, ed in particolare, con le modifiche apportate,  dal decreto delegato n. 2019 del 2023, allo Statuto dei diritti del contribuente.
Invero l’art.1 del suddetto decreto ha espressamente sancito che la notifica irregolare degli atti tributari è sanabile, per raggiungimento dello scopo, se il contribuente propone ricorso.
Invece non è mai sanabile la notifica inesistente,  vale a dire quella che viene fatta al di fuori dello schema legale e che è pertanto affetta da una gravissima irregolarità.  Ciò alla luce dell’art. 7 sexies, aggiunto alla Statuto,  che disciplina i vizi di notifica degli atti fiscali.
                        Avv. Salvatore Torchia

Cassazione, Ordinanza n. 19151/2024: “le osservazioni difensive, presentate dal contribuente ad un avviso di accertamento emesso prima del trascorrere dei 60 giorni dalla notifica del processo verbale di constatazione, non sanano la nullità dello stesso” 

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19151 del giorno 11 luglio 2024, ha stabilito che le osservazioni difensive, presentate dal contribuente ad un avviso di accertamento emesso ” ante tempus”,  cioè prima del trascorrere dei 60 giorni dalla notifica del processo verbale di constatazione, non sanano la nullità dello stesso per mancato rispetto di tale termine.
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L’ inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni, decorrenti dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di constatazione,  determina di per sé l’illegittimità dell’atto impositivo emesso prima della scadenza del termine.
Tranne il caso che ricorrano specifiche ragioni d’urgenza che l’ufficio è tenuto a provare e che debbono sussistere al momento dell’emissione dell’atto.
Orbene, la Cassazione ha ritenuto che le eventuali osservazioni avanzate dal contribuente sono irrilevanti e non sanano la violazione del contraddittorio e la  lesione del diritto di difesa. Di conseguenza l’avviso di accertamento, emesso in violazione del termine, resta illegittimo.
                    Avv. Salvatore Torchia

Cass. Civ. Ordinanza n. 16879/2024: “la mancata menzione del contributo unificato, sulla liquidazione delle spese di lite, non è motivo di correzione della sentenza.” 

La Cassazione,  con l’ordinanza n. 16879 del 19 giugno 2024, ha ribadito che la mancata menzione del contributo unificato, sulla liquidazione delle spese di lite, non è motivo di correzione della sentenza.  Infatti questo contributo costituisce una obbligazione ex lege , gravante sulla parte soccombente, la cui restituzione è dovuta implicitamente, e senza necessità di correzione.
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La vertenza,  di cui alla superiore massima, concerne un errore materiale di cui la contribuente chiedeva la correzione.
Infatti,  nella sentenza emessa dalla C.T.R. della Lombardia, era stato disposto il pagamento delle spese vive di lite, quantificate in 200 euro, senza tuttavia aggiungere l’importo del contributo unificato corrisposto in sede di deposito del ricorso.
Il Supremo Collegio di Piazza Cavour ha rigettato l’istanza. Ha ricordato che, secondo un ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale, il contributo unificato costituisce un’obbligazione “ex lege” di importo predeterminato,  gravante sulla parte soccombente per effetto della stessa condanna alle spese.
Con la conseguenza che il giudice non è tenuto a liquidare autonomamente il relativo ammontare.
                           Avv. Salvatore Torchia 

La Cassazione, Sent. n. 16105/2024: “i contrasti giurisprudenziali comportano l’esonero dal pagamento delle sanzioni per i contribuenti.”

La Cassazione, con la sentenza n. 16105 del 10 giugno 2024, ha stabilito che i contrasti giurisprudenziali comportano l’esonero dal pagamento delle sanzioni per i contribuenti.
Pertanto l’incertezza normativa può essere anche determinata da divergenti pronunce dei giudici di legittimità e di merito.
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Insomma, per i giudici della Cassazione,  rientra tra i ” fatti indice dell’incertezza normativa oggettiva ” anche la ricorrenza di contrasti giurisprudenziali, di legittimità e  pure di merito.  Il giudice infatti è l’unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere- dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata Interpretazione. Di conseguenza, per la Suprema Corte, i contrasti giurisprudenziali si aggiungono alle cause che comportano la non applicazione delle sanzioni.
                Avv. Salvatore Torchia

Cassazione,  Ordinanza n.16812/2024: “la cartella di pagamento è di per sé motivata, se reca il riferimento agli estremi  dell’avviso di accertamento, a cui fa riferimento,  regolarmente notificato.”

La Cassazione,  con l’Ordinanza n.16812/2024, ha evidenziato che la cartella di pagamento è di per sé motivata, se reca il riferimento agli estremi
dell’avviso di accertamento, a cui fa riferimento,  regolarmente notificato.
Di conseguenza,  non necessita di alcuna motivazione o indicazione anche nel caso in cui la pretesa sia stata parzialmente versata ed erroneamente rimborsata dall’ufficio.
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In buona sostanza la Cassazione, accogliendo il ricorso dell’ufficio delle dogane, ha ribadito che la cartella di pagamento,  che fa seguito ad un atto impositivo regolarmente notificato al contribuente,  è sufficientemente motivata con la semplice indicazione degli estremi di tale atto.
Infatti lo stesso è messo in grado di conoscere le ragioni della pretesa proprio in virtù dell’atto impositivo, da lui già conosciuto.
Nel caso di specie, la cartella di pagamento conteneva gli estremi dell’avviso di rettific, regolarmente notificato al contribuente.  Pertanto non poteva ritenersi in alcun modo il difetto di motivazione dell’atto impugnato.
                   Avv. Salvatore Torchia