La Cassazione sezione lavoro,  con la sentenza n. 17897 del 22 giugno 2023, ha fatto diventare definitivo il provvedimento del Ministero dell’Istruzione, col quale era stato disposto il licenziamento di un’insegnante di liceo per ” assoluta e permanente inettitudine alla docenza “. Ha infatti chiarito come la libertà didattica è un valore costituzionale, ma non può trasformarsi in uno ” schermo ” dietro cui si nascondono sciatteria ed una certa anarchia.
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Si tratta,  senza dubbio,  di una decisione che fa riferimento ad un caso limite ma che,  in ogni caso, merita di essere attenzionata perché attiene all’incapacita’ didattica.
Nel caso in specie il provvedimento di destituzione, ex art. 512 del d.lgs n. 297 del 2004, era stato preso perché la docente aveva accumulato assenze per malattia ed inoltre era stata costretta a cambiare varie sedi per seguire il marito militare.
Inoltre aveva pesato il verbale del preside, che fa prova fino a querela di falso, che riportava anche i risultati degli accertamenti compiuti dagli ispettori ministeriali, internuti in seguito alle lamentele di studenti e genitori che accusavano l’insegnante di non avere neppure i libri di testo e di mettere i voti a caso.
Peraltro gli stessi,  dopo l’ispezione durata 5 mesi, si erano resi conto  che l’inettitudine della docente, di storia e geografia,  era permanente oltre che assoluta.
Comunque la Suprema Corte ha colto l’occasione per indirizzare un chiaro monito: la libertà di insegnamento trova il suo più importante limite nella tutela del destinatario, cioè dell’alunno; libertà non fine a sé stessa ma esercitata per garantire il diritto allo studio di ogni allievo.
Pertanto non c’è alcun dubbio che i docenti siano autonomi nella scelta dei metodi ma è escluso che possano fare lezioni non strutturate né organizzate.
                               Avv. Salvatore Torchia

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