La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. n. 35165/2005) ha stabilito che “la fotocopia integra il reato di falsità materiale quando sia presentata non come tale, ma con l’apparenza di un documento originale, atto a trarre in inganno i terzi di buona fede”. I Giudici di Piazza Cavour hanno ricordato che, al contrario, il reato non sussiste quando la fotocopia “sia presentata come tale, dal momento che essa produce effetti giuridici solo se autenticata o non espressamente disconosciuta”.

Corte di Cassazione, Quinta Sezione Penale, Sentenza 11-07-2005 / 30-09-2005, N. 35165

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

D. Loris è stato condannato dal Tribunale dell’Aquila alla pena di m. 6 di reclusione per il delitto di cui agli artt. 477-482 c.p., avendo alterato la fotocopia di un certificato del servizio veterinario dell’USL n. 1 di Agnone, inserendovi un capo bovino e modificando la data. La corte d’appello confermava.

Ricorre il difensore, deducendo il vizio di motivazione e la violazione di legge:

il fatto non sussiste, poichè il falso cade su una semplice fotocopia;
Non v’è prova della commissione del fatto, onde può al più configurarsi, nella specie, il reato di cui allo art. 489 c.p.;
erroneamente non è stata applicata l’attenuante di cui all’art. 482 c.p. e sono state negate le generiche, nonchè la sospensione condizionale della pena.

Le doglianze sono prive di fondamento.

E’ versata in fatto quella che nega la commissione dell’addebito, in spregio alla ricostruzione storica del fatto, così come operata dai giudici di merito. Infondate sono tutte le altre. Fuorviante e fallace è la tesi secondo cui il reato di falso si configura se abbia ad oggetto una copia fotostatica.

Tanto può, infatti, affermarsi solo se la copia predetta sia presentata come tale, dal momento che essa produce effetti giuridici solo se autenticata o non espressamente disconosciuta (sez. 5^ 5.5.98, n. 11185, Detti).

Al contrario, la fotocopia integra il reato di falsità materiale quando sia presentata non come tale, ma con l’apparenza di un documento originale, atto a trarre in inganno i terzi di buona fede (sez. 5^, 17.6.96, n. 7717, Jacobacci; 15.4.99, n. 7566, Domenici).

Il giudice si è attestato su un livello di pena assai prossimo al minimo edittale, onde appare evidente che ha tenuto conto della fattispecie delineata dagli artt. 477 e 482 c.p. (che non configura un’attenuante, come sembra ritenere il ricorrente), ascritta al D..

I precedenti penali sono stati ritenuti ostativi esplicitamente alla sospensione condizionale della pena, implicitamente alle richieste generiche, per il cui riconoscimento non è stato individuato alcun elemento di meritevolezza.

Il ricorso va rigettato, con la condanna del ricorrente alle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2005.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2005.

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