L’esercizio della funzione paterna è essenziale per la regolare evoluzione della prole; pertanto, sotto l’aspetto giuridico, l’esercizio di detta funzione comporta non solo diritti, ma anche e soprattutto doveri. Tali doveri non si esauriscono solo nel provvedere alle esigenze economiche del figlio, ma anche in una serie di attività e di comportamenti di natura diversa. Ed è per tale motivo che il legislatore ha approntato, come strumento principale, l’affido condiviso, che dovrebbe assicurare il mantenimento di regolari relazioni tra figlio ed entrambi i genitori. Affido condiviso che, ovviamente, esprime un concetto giuridico, diversamente dal “collocamento abitativo”, che è il luogo in cui la prole abiterà. E, infatti, se nella pressoché totalità dei casi si è preferito collocare la prole presso la madre, ciò non ha inciso minimamente, dal punto di vista giuridico (ma non così di fatto), nell’affidamento condiviso, rimanendo intatti e paritari i diritti e i doveri di ciascun genitore. Allo scopo di assicurare al padre (e alla madre) tali diritti-doveri, il legislatore ha approntato alcuni rimedi, che, però, anche e soprattutto per le lungaggini procedurali, appaiono non di rado poco efficaci. Cosa potrà fare, dunque, il padre (o la madre) per affermare il diritto-dovere di esercitare la propria funzione, quando questa è ostacolata o minacciata dalla coniuge o dall’ex coniuge? E’ possibile:
1) Azionare l’art. 710 cpc sulla modificabilità dei provvedimenti relativi alla separazione personale e l’art. 9 della legge n. 898/1970 (legge sul divorzio). – In tale sede, potranno essere modificati anche i provvedimenti relativi alla prole, come quelli relativi al collocamento abitativo fino a quelli relativi alla responsabilità genitoriale, tramutando l’affidamento condiviso in affidamento esclusivo. Nei casi più complessi, tuttavia, la procedura abbisogna di una istruttoria che potrà fare allungare notevolmente i tempi per la decisione (prova orale, consulenza tecnica d’ufficio psicologica, relazione dell’ufficio comunale di assistenza sociale, e così via).
2) Azionare l’art. 709 ter cpc sulla soluzione delle controverse e provvedimenti in caso di inadempienze o violazioni. – Attraverso questa procedura possono essere risolte le controversie non di scarso rilievo in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale, quando non è in corso un procedimento di separazione o di divorzio. Il giudice può ammonire il coniuge inadempiente e/o può sanzionarlo al risarcimento dei danni e alla condanna al pagamento di una sanzione amministrativa. Da rimarcare che detti provvedimenti vengono emessi non nell’interesse del padre o della madre, ma esclusivamente nell’interesse della prole e possono andare ultra petitum.
E’, poi, possibile ricorrere, in casi estremi per lo più, all’art. 574 c.p. (sottrazione di incapace, se il figlio minore non ha compiuto 14 anni – cfr. Trib. Bari, sent. n. 288/2018, che, per l’appunto, ha statuito che la madre che si trasferisce in un’altra città senza il consenso dell’altro genitore o senza l’autorizzazione del giudice, impedendo così al padre di vedere i figli o rendendone più difficile la frequentazione, può essere denunciata per sottrazione di incapace-) o all’art. 570 c.p. (violazione degli obblighi di assistenza familiare) o all’art. 388 c.p. (mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice) nel caso in cui l’inosservanza delle modalità di affidamento della prole non sia occasionale. Potrà ricorrere all’art. 570 bis c.p. (violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio), che attiene all’aspetto solo economico, o all’art. 330 c.c. (Decadenza dalla responsabilità genitoriale sui figli) in caso di grave pregiudizio del figlio, o all’art. 333 c.c. (Condotta del genitore pregiudizievole ai figli) nei casi di minore pregiudizio del figlio, o all’art. 334 c.c. (Rimozione dall’amministrazione), quando il patrimonio del figlio è male amministrato.
Tutti gli strumenti appena menzionati diverse volte risultano inefficaci o poco efficaci soprattutto a motivo del lungo periodo che va dalla verificazione dei fatti (che, per essere rilevanti, dovrebbero essere generalmente reiterati) alla domanda giudiziale e da questa alla decisione del giudice (lasso notevole di tempo in cui si sono già radicate alcune situazioni e in cui si sono avverati i denunciati danni nei figli). E’ per lo più inefficace, e forse impraticabile, il rafforzamento, in alcuni casi, del provvedimento del giudice, relativo alla consegna coattiva della prole, con l’applicazione delle misure di coercizione indiretta di cui all’art. 614 cpc. Al fine di diminuire i rischi della insorgenza di controversie tra i coniugi, pertanto, assume un particolare rilievo, soprattutto quando la separazione personale è consensuale, che il ricorso per separazione consensuale determini con la maggiore precisione, caso per caso, le condizioni della separazione con riferimento alla prole. A tal fine potrebbe essere di guida il protocollo 2 luglio 2019 dell’Osservatorio per la giustizia civile presso il Tribunale di Palermo che ha individuato le spese da ritenere coperte dal contributo di mantenimento forfettario e le spese che non rientrano in tale assegno e, come tali, vanno preventivamente concordate tra i coniugi; così come potrebbero essere utili le linee guida elaborate da alcune associazioni in ambito del tribunale di Catania.
Al fine di un maggiore coinvolgimento dei coniugi, che più facilmente adempieranno i loro obblighi in caso di formulazione congiunta, sarebbe il caso di incentivare maggiormente lo strumento della negoziazione assistita operata dagli avvocati. Stilata la convenzione, le parti, con la leale assistenza dei rispettivi difensori, potranno sceverare le varie problematiche, smussare le diversità di vedute, e così pervenire all’accordo di negoziazione assistita, che avrà più fortuna di adempimento perché loro creatura.
Urge, comunque, un nuovo e pronto intervento del legislatore al fine di fissare norme attuative e comunque al fine di riempire i troppi vuoti lasciati, che non sempre il magistrato sarà in grado di riempire. Ma occorre anche una rivisitazione della materia con l’introduzione di nuovi strumenti e con l’utilizzo più oculato degli strumenti che già si hanno a disposizione. Si pensi, per esempio, all’uso della consulenza tecnica d’ufficio, che oggi tende anche, in un certo qual modo, ad accompagnare il coniuge o i coniugi in un percorso di cambiamento e di recupero della relazione della diade genitore-figlio e non solo su detta relazione, perché in svariati casi la conflittualità della coppia genitoriale si riversa molto negativamente su tutti i componenti, tanto che gli esperti del settore, anche quelli che negano la sindrome di alienazione parentale, riconoscono l’insorgenza nella prole di disturbi psichici da rapportare alla predetta conflittualità; disturbi psichici appalesantisi con enuresi, irascibilità, disturbi psico-fisici e così via. In siffatto ambito, la consulenza tecnica d’ufficio oggi ha una connotazione diversa da quella del passato, avendo un oggetto più dilatato nel tempo. Un intervento psicologico da parte di professionista inesperto o inadeguato, tuttavia,potrebbe determinare un danno ancora maggiore. Occorre, pertanto, dare incarichi a professionisti di comprovata competenza ed esperienza. In tale direzione potrebbero essere sperimentate la mediazione familiare e la coordinazione genitoriale, i cui connotati, però, alla data odierna, sembrano sfumati a chi parla. Nella proposta di legge Pillon, per esempio, è presente l’intento di regolamentare e introdurre, ope legis, l’istituto della mediazione familiare e l’istituto della coordinazione genitoriale o familiare. Intento, però, male riuscito, soprattutto con riferimento alla coordinazione genitoriale o familiare, le cui caratteristiche appaiono non chiaramente differenziate dalla mediazione familiare, anche perché sperimentato solo in alcune aule giudiziarie, in modo (è il caso di dirlo) discordinato e differenziato nello stesso ambito, e perchè importato in Italia dalla esperienza di altra nazione, quella statunitense, e, quindi, dalla esperienza estranea a quella italiana. La proposta di legge citata, volta a rivisitare la legge sull’affido condiviso, però è stata congelata. Proposta che, seppure fosse tutt’altro che ottimale, tuttavia aveva il pregio di riproporre il tema della figura paterna e dare man forte a quelle voci di padri che gridano di volere rappresentare per il figlio non solo una mano che elargisce denaro, ma soprattutto che vogliono esercitare il loro diritto-dovere di mantenere detto figlio nel senso proprio etimologico di “mantenere” (manu tenere, tenere con la mano).
Nando Gambino